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Crac dei ticket , buco monstre da 24 milioni Epat Ascom: "Rimborsi fermi dopo quattro anni"

L'avvocato Claudio Ferraro, direttore di Epat-Ascom di Torino snocciola i numeri di un crac clamoroso che in Italia conta un passivo di 340 milioni di euro «e di questi – dice – il Piemonte e soprattutto l'area di Torino conta circa il 7% quindi più o meno 24 milioni di euro».

Eccola il buco nero del fallimento "Qui! Group" fino al 2018 il principale operatore italiano di buoni pasto con una quota di mercato del 20%, dichiarato nel 2018 dal tribunale fallimentare di Genova. Un passivo monstre «di cui ancora (e a distanza di quattro anni ormai) nessuno è rientrato – spiega il legale dell'associazione che tutela gli interessi dei consumatori in città – perché la procedura non è chiusa. Sappiamo che esiste da parte dell'azienda una proposta concordataria ma solo su una percentuale di crediti come siamo coscienti che nessuno degli esercenti danneggiati riceverà mai un rimborso totale del credito». Una beffa nella beffa.

L'altro ieri la procura di Genova – procuratore Francesco Pinto e il sostituto Patrizia Petruzziello - ha chiuso le indagini sui presunti responsabili del crac milionario. Nelle prossime settimane trascorsi i venti giorni protocollari a disposizione degli avvocati difensori per comunicare la disponibilità degli assistiti ad essere interrogati, chiederà il giudizio per trentuno indagati.

Nella lunga lista di nomi che figurano accusati del dissesto (a vario titolo e in ipotesi quindi per bancarotta fraudolenta, riciclaggio, truffa aggravata e autoriciclaggio) figura quello dell'imprenditore Gregorio Fogliani, a lungo sulla cresta dell'onda in Liguria e non solo, e per sei mesi finito pure in carcere, si leggono diversi familiari. Nell'ordine la moglie Luciana Calabria, per un periodo amministratrice unica di Azzurra 95, considerata dagli inquirenti la cassaforte del gruppo, e le figlie Chiara e Serena Fogliani. Ancora figurano gli amministratori Luigi Ferretto e il figlio Andrea e infine una sfilza di revisori dei conti ovvero coloro che avrebbero dovuto rilevare come il colosso dei buoni pasto stesse lentamente affondando ma che, invece, non hanno mai fatto o segnalato nulla. «Una vicenda triste – dice Ferraro – che purtroppo è ancora aperta e che ci impegna con un pool di legali ad assistere migliaia di realtà che hanno avuto buchi significativi: da un minimo di 2 mila euro fino a un massimo di 80 mila euro». Moltissime di queste realtà, potenzialmente – potrebbero avere interesse a costituirsi parte civile in un ipotetico futuro processo «ma obiettivamente – aggiunge il direttore Epat – l'attesa più importante delle parti offese è quella di rientrare di una quota del credito il più significativa possibile».

(Su La Stampa cronaca di Torino)

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