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L'outlook della settimana. il punto al 2 settembre 2025

Competere nella frammentazione 

La geoeconomia del 2025 si muove su un terreno irregolare: guerre, tensioni geopolitiche, ritorno di spinte protezionistiche, norme che divergono tra aree economiche. A ciò si aggiungono i timori di possibili crisi nazionali nel cuore dell’Europa e le preoccupazioni derivanti da un’eventuale perdita di autonomia della Fed, come ha sottolineato questa mattina (1 settembre 2025) la presidente della BCE Christine Lagarde, in un’intervista a Radio Classique. Eppure, nel rumore di fondo, emerge un segnale: dalle statistiche OCSE sul commercio internazionale dei Paesi del G20, si registra un rallentamento sulle merci, mentre corrono di più i servizi. La crescita non scompare, cambia pelle. In questo scenario, la vera competitività non è solo misurata dai costi, ma dalla capacità di leggere in tempo reale i cambiamenti e tradurli in decisioni operative — governance, filiere, capitale umano.

Manifattura, servizi e crescita economica

In Europa, ad agosto, la produzione manifatturiera,secondo l’HCOB PMI® Settore Manifatturiero Eurozona, mette a segno il miglior risultato degli ultimi 41 mesi grazie al maggior numero di ordini ricevuti. È finalmente uno slancio importante dopo due anni traballanti. Importante, in tutto ciò, il contributo dell’Italia, con la produzione e nuovi ordini in aumento, pur dentro una macro dinamica ancora modesta: nel secondo trimestre, secondo i dati Istat, il Pil arretra dello 0,1% sul trimestre e cresce dello 0,4% sull’anno, con una crescita acquisita dello 0,5% per il 2025. A giugno (dati Istat) tornano a salire i fatturati di industria e servizi su base mensile; nel complesso del trimestre, però, l’industria arretra mentre i servizi tengono.

Il fronte dei prezzi, consumi e fiducia

Ad agosto, secondo Istat, l’inflazione scende all’1,6% grazie ai beni energetici in flessione, ma il carrello della spesa accelera al +3,5% e l’alimentare al +4,0%, mentre l’inflazione di fondo resta al 2,1%. Sollievo sui costi energetici, ma per le famiglie resta una pressione quotidiana sul carrello. 

L’indagine BCE di luglio sulle aspettative dei consumatori dice che le attese di inflazione nel breve e nel lungo restano invariate, con un lieve rialzo a tre anni. Cala la crescita del reddito atteso, sale quella di spesa prevista; peggiora l’outlook su economia e disoccupazione, e ci si aspetta prezzi delle case e tassi sui mutui in aumento. Un mix contraddittorio che descrive bene il momento che sta vivendo il consumatore europeo del 2025: prudente ma costretto a spendere per bisogni non comprimibili. In questo quadro, Istat misura in peggioramento la fiducia dei consumatori italiani (da 97,2 a 96,2), mentre quella delle imprese resta stabile (93,6). 

Di particolare interesse, fondamentale per comprendere i comportamenti degli italiani, è l’Analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane tra il 1995 e il 2025. Troviamo che la spesa reale pro capite sale a 22.114 euro — sopra il 2024, ma ancora sotto i picchi del 2007. Ma forse il dato che colpisce maggiormente è il calo di centralità dei beni di consumo tradizionali quali alimentari, bevande e abbigliamento che lasciano il passo alla crescita vertiginosa in ambito tecnologico-informatico e dei servizi culturali e ricreativi.

Il mercato del lavoro invia segnali importanti

A luglio, stima Istat, gli occupati sono 24 milioni 217mila, con tasso di occupazione al 62,8% e disoccupazione al 6,0% (-0,3 punti), quello giovanile, comunque ancora molto alto, al 18,7% (-1,4 punti). Entrando nel dettaglio, ci sono più dipendenti permanenti su base annua, meno contratti a termine, mentre aumentano gli inattivi. Anche in Europa scende la disoccupazione che nell’Area Euro è al 6,2%, Eurostat. Interessante anche l’approfondimento Eurostat secondo cui, nel 2024, il 6,6% degli occupati di età compresa tra 20 e 64 anni nell’UE lavorava molte ore, ovvero dedicava di solito 49 ore o più alla settimana al proprio lavoro principale. Questa percentuale di lavoratori con molte ore di lavoro è diminuita nel tempo, passando dal 9,8% del 2014 all’8,4% del 2019.

Ci aiuta a concludere una riflessione sul “capitale umano” del Presidente Andrea Prete che, al recente Meeting di Rimini, ha citato lo studio Unioncamere secondo cui, le imprese con più under 30 sono più innovative, più orientate all’export e più produttive (fino a +7,2% se accompagnate da politiche di attrazione e retention). 

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